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Attualità | 22 maggio 2025, 19:30

Quattro anni fa la tragedia del Mottarone

Era il 23 maggio 2021 quando la cabina numero 3 della funivia precipiò al suolo, causando la morte di 14 persone

Quattro anni fa la tragedia del Mottarone

Ventitré maggio 2021. È una domenica di sole a Stresa, sul lago Maggiore. La funivia che collega il lido con la vetta del monte Mottarone è in movimento dalle 9.30. È una delle prime domeniche 'libere' dopo la fase più acuta della pandemia da Covid 19 e in tanti sono arrivati in questo angolo di Piemonte. Improvvisamente verso le ore 12.30, a pochi metri dalla stazione di arrivo, secondo quanto appurato dalle indagini, la fune traente dell'impianto si spezza, causando il distacco di una delle cabine: la numero 3. La cabina torna indietro appesa al cavo portante a forte velocità, andando poi a sbattere contro uno dei piloni del tracciato e precipita al suolo dopo una caduta di oltre 20 metri. Alla fine si conteranno 13 morti sul colpo, con due bambini trasferiti in gravissime condizioni all'ospedale Regina Margherita di Torino. Il primo è Mattia Zorloni, di cinque anni, che non riuscirà a salvarsi e morirà in serata, come i suoi genitori Vittorio Zorloni ed Elisabetta Persanini, di 55 e 37 anni, rimasti tra le lamiere della Funivia. L'altro bimbo è Eitan Biran, 6 anni, che alla fine sarà l'unico sopravvissuto e diventerà il simbolo di questa terribile strage: nello schianto ha perso il papà Amit Biran, 30 anni, la mamma Tal Peleg, 26 anni, e il fratellino Tom, 2 anni, oltre ai bisnonni Barbara Cohen Konisky, di 71 anni e Itshak Cohen, di 82. Sono una famiglia di origine israeliana che viveva a Pavia. E poi tutti gli altri: Serena Cosentino 27 anni, con il suo fidanzato di origini iraniane Mohammadreza Shahaisavandi, 27 anni; un’altra coppia, residente a Varese, Silvia Malnati e Alessandro Merlo, 26 e 29 anni, e ancora una famiglia del piacentino Angelo Vito Gasparro di 45 anni e Roberta Pistolato 40 anni.

Quattro anni dopo, la memoria dei morti di questa strage sarà al centro della commemorazione che si celebrerà domani in vetta al Mottarone: una messa in programma alle 10.30 sul piazzale antistante la stazione di arrivo, ferma da quella tragica domenica di quattro anni fa. Quattro anni in cui ancora non è stato possibile stabilire in via definitiva le responsabilità di quanto accaduto.

Eppure fin da subito l'allora procuratrice della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, aveva spiegato ai giornalisti che la causa dell’incidente era la rottura della fune e il mancato funzionamento del sistema frenante di emergenza “per cause che saranno oggetto di accertamenti”.

La causa immediata emergerà la notte del 26 maggio durante un drammatico interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Stresa: Gabriele Tadini, caposervizio della funivia, confessa di avere inserito un “forchettone” nel sistema frenante per evitare i continui blocchi che si verificavano durante le corse. E qui inizia la girandola di accuse reciproche. Tadini chiama in causa il titolare della società di gestione dell’impianto, Luigi Nerini, e il direttore d’esercizio, Enrico Perocchio. I tre finiscono in carcere, ma dopo tre giorni vengono scarcerati. Solo Tadini resterà agli arresti domiciliari fino alla scadenza dei termini. Da qui è partita una lunga e complessa vicenda processuale, costruita intorno a una monumentale perizia, che evidenzia, al di là dell'elemento più evidente (i "forchettoni", appunto) le cause remote, le ragioni tecniche e gestionali che hanno portato alla tragedia, comprese le tante inadempienze e superficialità messe in luce dai periti. E nel lungo iter giudiziario, le vittime non ci sono più mentre i familiari sono stati risarciti (“con una cifra senza precedenti”, si disse) dalla società Leitner che si occupava delle manutenzioni e dall’assicurazione di Luigi Nerini, rinunciando, così, alla costituzione di parte civile.

Il processo ha poi avuto una svolta nel luglio dello scorso anno quando il Gup Rosa Maria Fornelli ha chiesto al Pm di riformulare le accuse eliminando le aggravanti legate alla sicurezza sul lavoro. Richiesta non accettata dalla Procura che si è vista così restituire il fascicolo. Per sei mesi l’ufficio del procuratore – che nel frattempo, con il trasferimento di Olimpia Bossi a Milano è Alessandro Pepè – ha lavorato alla riscrittura dei capi di imputazione. Alla fine, accogliendo nella sostanza le richieste del gup, è stata eliminata l’ipotesi di rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni e le violazioni delle norme antinfortunistiche. Rispetto alla precedente chiusura delle indagini avvenuta nel 2023, il numero degli indagati si è ridotto da otto a cinque. Il sostituto procuratore Laura Carrera ha richiesto l’archiviazione per Anton Seeber, presidente del consiglio di amministrazione di Leitner, nonché per le due società coinvolte, Ferrovie del Mottarone e Leitner. Il processo riprenderà, con l'udienza preliminare-bis il 19 giugno prossimo.

ECV

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