La produzione a Barry Callebaut rimane bloccata almeno fino a martedì, quando al ministero del Made in Italy si aprirà il tavolo di crisi promesso dal ministro Adolfo Urso al senatore Enrico Borghi nella prima mattina di oggi. Confermato e fissato per martedì dal presidente del Piemonte, Alberto Cirio.
La data, tra Cirio e Urso, è stata fissata mente il corteo dei dipendenti sfilava da via Felice Cavallotti, all’esterno della fabbrica fino ai portici di palazzo di città, dove il sindaco Giandomenico Albertella ha riferito ai lavoratori la data aggiungendo: “Mi sono già attivato con il prefetto perché avvii i contatti istituzionali”.
Per lunedì 9 settembre è stato invece fissato un incontro ad Unione industriale nel tentativo di avere un primo contatto con l’azienda. Anche se, va detto, le premesse sono pessime. La decisione di chiudere non si spiega con crisi di mercato: “Lavoriamo su 3 turni 7 giorni su 7, produciamo 60mila tonnellate l’anno, Le difficoltà di mercato e logistiche di cui parla l’azienda non reggono. Ci dicano le vere ragioni!”, si sfogano i lavoratori prima che una delegazione formata da sindacalisti e rappresentanze sindacali unitarie interne alla fabbrica si riunisca al primo piano del municipio col sindaco Albertella, l’assessore alle attività economiche Mattia Tacchini ed altri esponenti dell’amministrazione per concordare le prossime mosse. “Non vi asceremo soli”, promette il presidente della provincia Alessandro Lana, che si è unito al corteo fin dall'inizio al fianco dei lavoratori.
Prima di salire in municipio sono intervenuti Emilio Capacchione (Cisl regionale), Andrea Lollo Gagliardo (Cisl) e Filippo Testi in rappresentanza degli studenti. A sfilare c’era anche Elena Ugazio, segretaria Cisl Piemonte orientale: “È stata una brutta sorpresa, davvero inaspettata”. L’intenzione della Barry Callebaut sarebbe quella di concentrare la produzione negli altri due stabilimenti italiani del gruppo.