“A dieci anni dalla sua ultimazione, è ormai evidente che “Il Maggiore” non può essere abbattuto né ricostruito: una scelta economicamente insostenibile. Di conseguenza, diventa urgente ragionare su come valorizzare ciò che già esiste”. Così, in una nota, il gruppo Volt Verbania, che si inserisce nel dibattito sul centro culturale Il Maggiore sollevato nei giorni scorsi su più fronti.
“È vero – prosegue la nota - i numeri non consentono di immaginare grandi eventi o folle oceaniche. Ma questo non significa che la struttura – sia nella sua parte interna che in quella esterna – non possa diventare un volano culturale, creativo e persino economico per Verbania e il territorio circostante. Basti pensare a un dato poco considerato: la “fame” che molti artisti hanno di teatri in estate, dove poter provare i propri spettacoli. È noto, ad esempio, che fino a pochi anni fa Arturo Brachetti – il celebre trasformista di fama internazionale – cercava in estate spazi teatrali dove poter lavorare, spesso con grande difficoltà. Ora immaginiamo di offrire a Brachetti – o ad altri artisti di simile profilo – la possibilità di utilizzare Il Maggiore per provare nuovi spettacoli e, magari, per replicarli con un numero contenuto di date. Sarebbe un'opportunità per i cittadini e i turisti, italiani e stranieri, considerando che molti di questi spettacoli non prevedono dialoghi e sono quindi accessibili a un pubblico internazionale. Il tutto, senza bisogno di riempire arene da diecimila persone. Un'altra possibilità sarebbe una vera collaborazione con il circuito teatrale regionale, eleggendo Il Maggiore a residenza artistica invernale per artisti noti al grande pubblico. Oppure, ancora, immaginare festival itineranti che abbiano proprio nel teatro di Verbania la loro “casa madre”, pur distribuendosi in altri spazi sul territorio”.
“Senza dimenticare – sottolineano da Volt Verbania - quanto proposto nella lettera aperta di Gagliardi dove si propone in prima persona, dove sottolinea che il ruolo non può essere “isolato”, uno slancio che noi per primi apprezziamo. Per quanto ci sentiamo di sottolineare che si tratta di un professionista e come tale dovrebbe essere trattato da chi gestisce il Maggiore. Non dovrebbe essere uno slancio di passione di un professionista a migliorare il futuro culturale della nostra città, dovrebbe essere una strategia programmatica. E non si è nemmeno toccato l’aspetto extra-teatrale: apertura agli eventi culturali, all’innovazione, alle startup, alla valorizzazione dei giovani talenti. Attività che, a tratti, già si svolgono, ma che dovrebbero diventare un elemento strutturale e non occasionale”.
Si legge ancora nella nota: “È evidente che se si prendono a modello realtà come quelle svizzere – dotate di altre dimensioni, risorse e infrastrutture – o i grandi esempi italiani legati ai contesti marittimi, l’obiettivo appare irraggiungibile. Ma se si volesse tracciare una “via verbanese” alla valorizzazione del Maggiore e della sua arena, le possibilità esistono eccome. Una strategia fondata su tre assi portanti – sostenibilità economica, visibilità mediatica e crescita culturale – potrebbe dare nuova vita alla struttura, rendendola un punto di riferimento per il lago Maggiore, senza rincorrere modelli irrealizzabili”.
“Il vero limite del Maggiore, oggi, non è tanto infrastrutturale quanto gestionale – scrivono da Volt -. Una fondazione con pochissimi dipendenti e collaboratori, e senza figure con competenze specifiche e comprovate nel settore culturale e teatrale, difficilmente può sviluppare una progettualità seria e a lungo termine. Si possono nominare cento direttori artistici, ma se non c’è una struttura operativa solida, cosa dovrebbero dirigere? Il valore di un direttore artistico non può limitarsi al solo network di contatti: è necessario un ecosistema in grado di supportare, sostenere e sviluppare idee e programmazioni”.
Queste le conclusioni: “Questi spunti non nascono da slogan o propaganda, ma da riflessioni progettuali supportate da competenze professionali, che includono anche l’analisi delle possibili fonti di finanziamento. Se il presidente Terzi o l’amministrazione comunale fossero interessati ad approfondire queste proposte, come sempre siamo a disposizione: ma per dialogare, è necessario volerlo in due. Continuare a concentrarsi solo sulla “scatola” – ovvero la struttura fisica del teatro – senza domandarsi cosa vogliamo davvero metterci dentro, rischia di condannarci all’immobilismo. È proprio da qui che dobbiamo ripartire, se vogliamo trasformare il Maggiore da nodo irrisolto a risorsa per tutta la comunità”.