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Cultura | 21 maggio 2024, 17:00

I semifinalisti del Premio Strega presentano le loro opere al Maggiore

Gli scrittori hanno raccontato la genesi dei propri libri, ispirandosi alla loro esperienza personale

I semifinalisti del Premio Strega presentano le loro opere al Maggiore

Per tutti i 12 scrittori che si giocano l’ingresso nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2024, come hanno raccontato loro stessi nell’incontro tenutosi al teatro Il Maggiore di Verbania, l’input narrativo parte sempre dall’esperienza personale. Dario Voltolini, in “Invernale” descrive il declino psicofisico del padre macellaio che si contamina tagliando la carne di un animale malato. “Autobiogrammatica” è l’acquisizione progressiva del linguaggio dell’autore, Tommaso Giartrosio, dalle prime parole apprese in una famiglia della media borghesia torinese alle parolacce, dall’arrivo della ragazza alla pari inglese in casa alle lingue dei ragazzi delle scuole serale italiani solo in minima parte.

Con “Cose che non si raccontano” Antonella Lattanzi racconta il dramma della maternità mancata, dopo due aborti per scelta, un terzo obbligato perché i tre gemelli concepiti con la fecondazione assistita erano condannati prima di nascere. Daniele Rielli in “Il fuoco invisibile” dà “forma narrativa”, per usare le sue parole, alla moria da Xylella che nei primi anni 2000 ha distrutto gli uliveti del Salentino, compreso quello della sua famiglia.

“Nella stanza dell’imperatore”, apparentemente il meno autobiografico perché racconta l’ascesa al trono di Bisanzio di Giovanni Zimisce, galeotto per l’autrice, Sonia Aggio, fu Cupido. Studentessa di storia all’Università era orientata ad occuparsi di ambiente quando accompagnò il fidanzato ad una lezione di storia bizantina che le ha cambiato la vita.

“Adelaida” è una donna realmente esistita, Adelaide Gigli, fuggita dal fascismo col padre Lorenzo nel 1931 in Argentina e tornata dov’era nata, a Recanati, nel 1076 in fuga dall’Argentina dei genera. Qui la conosce l’autore, Adrian Bravi, anche lui arrivato dall’Argentina nel 1987.

Il meno autobiografico è “L’età fragile” in cui Donatella Di Pietrantonio romanza un fatto di cronaca realmente accaduto, l’uccisione di 3 escursioniste da parte di un pastore macedone e il senso di colpa che riaffiora, 30 anni dopo, nella protagonista del romanzo, Lucia, all’epoca coadiuvante dei genitori nel campeggio abruzzese dove alloggiavano le ragazze che, anziché accompagnarle ha preferito la gita con un’amica.

Il senso di colpa per la relazione sentimentale giovanile con un neofascista è uno dei due punti di partenza di Valentina Mira anche se l’input principale di “Dalla stessa parte mi troverai” è l’incontro con Rossana, vedova di Mario Scrocca, l’estremista di sinistra arrestato 9 mesi dopo l’uccisione di tre neofascisti ad acca Larenzia, morto in cella il primo giorno di detenzione in circostanze mai chiarite.

“Aggiustare l’universo” di Raffaella Romagnolo è ambientato nell’anno scolastico 1945-46 e racconta la Shoah attraverso il rapporto tra la maestra, Gila, e Maria, che in realtà si chiama Ester ed è la sola della sua famiglia sopravvissuta al genocidio.

“Storia dei mei soldi” è il confronto letterario tra Melissa Panarello e l’attrice che ha interpretato il suo primo romanzo – “Cento colpi di spazzola” – dal quale è stato tratto un film con la quale ragiona dei soldi. Una sorta di ritorno sui suoi passi letterari.

“Romanzo senza umani” indaga sulla crisi esistenziale di uno studioso in riva da un lago sul quale sta conducendo una ricerca che, complice un incidente casuale, lo induce a riflettere sulle persone uscite, “come da una porta girevole”, dalla sua vita senza mai rientrare.

“Ci dice e chi tace” è un’indagine senza delitto anche se il morto, anzi la morta, c’è: Vittoria la donna di cui si dice e si tace, trovata senza vita nella vasca da bagno, vittima di un malore o di un indicente domestico da cui Chiara Valerio parte per un affresco della vita di paese che non è solo quello in cui si svolge l’indagine della vicina di casa.

Redazione

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