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Ultim'ora | 07 novembre 2025, 14:00

Shutdown Usa colpisce anche l'Italia, stipendi a rischio per oltre 4mila lavoratori

Shutdown Usa colpisce anche l'Italia, stipendi a rischio per oltre 4mila lavoratori

(Adnkronos) - Sono oltre 4mila in lavoratori italiani impiegati nelle basi militari americane nella Penisola che rischiano di non vedere lo stipendio finché non si sbloccherà lo stallo causato dallo shutdown negli Usa.  

A lanciare l’allarme sono i sindacati Fisascat Cisl e Uiltucs, che oggi hanno dichiarato lo stato di agitazione, tornando a chiedere un intervento del governo italiano sulla scia di quelli già messi a terra da altri paesi Europei che si trovano nella stessa situazione. Una sollecitazione a cui però l'esecutivo non ha ancora dato risposta. In Italia, d'altronde, il problema pare più complesso. Lo ha spiegato all’Andkronos Roberto Frizzo, coordinatore nazionale per Uiltucs per i lavoratori italiani nelle basi Usa.  

Il Paese – ha ricordato Frizzo – conta cinque basi: Aviano, dove è stanziata l’Airforce, Vicenza e Livorno, per l’Esercito, Napoli e Sigonella della Marina. Tutte e cinque cubano 4100 dipendenti italiani, assunti direttamente dal ministero della Difesa statunitense nell’ambito di un accordo bilaterale, risalente al 1951, con un contratto collettivo apposito. Si tratta di un Ccnl a sé, che contempla un ampissimo range di posizioni, dal momento che una base militare assomiglia ad una 'piccola città' e necessita dunque di numerose professionalità (metalmeccanici, chimici, edili, commercianti) e annesse retribuzioni, che oscillano tra i 1400 euro per chi si occupa delle pulizie e i 3mila euro per i dirigenti, con uno stipendio medio che si aggira quindi intorno ai 2mila euro. Applicare di volta in volta i singoli contratti di categoria sarebbe pressoché impossibile, quindi tutti questi lavoratori sono stati raccolti sotto ‘l’ombrello’ di questo ccnl, previsto dall’accordo bilaterale Italia-Usa, firmato da Fisascat Cisl e Uiltucs (il cui ultimo rinnovo risale all’aprile del 2024), secondo cui la forza lavoro che gli americani impiegano in Italia risponde alle condizioni dello Stato ospite e che, all’articolo 30, stabilisce che le retribuzioni vanno pagate entro l’ultimo giorno del mese lavorato.  

Tuttavia, il blocco delle attività amministrative imposto dallo shutdown a partire dallo scorso 1° ottobre pone un problema di natura giuridica: la legislazione americana prevede che i lavoratori possano non essere pagati, quella italiana invece no. Nel dettaglio: la procedura di shutdown consente alle amministrazioni di lasciare a lavoro i dipendenti ritenuti ‘indispensabili’, che non vengono pagati ma hanno la garanzia di un rimborso degli arretrati allo sbloccarsi dello stallo, e di mettere invece in congedo quelli non indispensabili, senza peraltro l’assicurazione di ricevere gli stipendi ‘persi’, perché la decisione è nelle mani del Presidente in carica. In Italia questo scenario non è contemplato: “Non è legale lavorare senza essere pagati, né lo è essere messi in congedo senza forme di ammortizzazione sociale, come ad esempio la cassa integrazione”, ha evidenziato il coordinatore Uiltucs.  

I lavoratori italiani, dunque, vanno pagati. Ma da chi? Qui l’impasse, e il rischio ravvisato dai sindacati: “I Comandi americani ci hanno detto che hanno le ‘casse’ bloccate e quindi è materialmente impossibile pagare gli stipendi”, ha detto Frizzo, riferendosi alla comunicazione inviata alle sigle lo scorso 22 ottobre dalla Jcpc, la commissione paritetica sul personale civile che rappresenta le forze armate americane in sede negoziale. Attualmente i lavoratori che a ottobre hanno visto una busta paga ‘vuota’ sono 1500, impiegati nelle basi di Vicenza, Aviano (Pordenone) e Livorno, quindi nelle basi di Aviazione ed Esercito. La Marina dal canto suo è riuscita a ‘barcamenarsi’ grazie a risorse extra accantonate, che però – ha avvertito il sindacalista – non basteranno nel caso in cui Congresso e Casa Bianca non dovessero trovare un accordo nei prossimi giorni, prolungando ancora il blocco e lasciando così a zero anche i lavoratori di Napoli e Sigonella, dove sono impiegati oltre 2mila italiani. 

Urge dunque una soluzione, e a trovarla deve essere il governo italiano. “Chiediamo una soluzione: possiamo gestire il problema se nei prossimi tre giorni, come pare, riusciranno a trovare un accordo, ma se a fine novembre non saranno pagati nemmeno gli stipendi dei lavoratori di Napoli e Sigonella saranno in molti a non farcela”, ha affermato Frizzo. “Noi ora stiamo cercando di vedere se è possibile aiutare chi già non ce la fa attraverso l’accesso a dei finanziamenti da parte delle banche tramite accordi convenzionati che noi, come sindacato, possiamo fare. Ma se questa situazione persiste è un problema: due mesi senza busta paga è troppo grande, tre mesi impossibile da gestire. Ovviamente metteremo in campo delle iniziative, cercando di evitare però lo sciopero perché non servirebbe: non siamo di fronte ad un datore di lavoro che non vuole pagare, ma di fronte ad uno che materialmente non può; rischierebbe, anzi, di danneggiare i dipendenti".  

"Gli Usa – ha ribadito il coordinatore – hanno basi in tutto il mondo, in tutta Europa: la maggior parte dei governi, in Germania o in Portogallo per esempio, sono intervenuti, pagando loro gli stipendi dei propri lavoratori e riservandosi di ‘triangolarsi’ con gli Usa a shutdown chiuso. In Italia, invece, ancora niente: noi abbiamo avvisato di questa situazione, tramite le Prefetture, il 24 ottobre". "Sono passate tre settimane ma – ha concluso – non abbiamo ricevuto notizie”. 

 

 

webinfo@adnkronos.com (Web Info)

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