Il prezzo petrolio, come si può facilmente intuire, è uno degli aspetti su cui ci si focalizza maggiormente, con il Brent, che rappresenta il prodotto a cui fare riferimento in ambito europeo, è in corsa da quasi due mesi, mentre il greggio americano ha toccato e superato quota 81 dollari al barile, raggiungendo un prezzo che nemmeno nel 2014 era stato toccato.
Un vero e proprio boom che è stato indubbiamente sostenuto anche dalla carenza sempre più evidente a livello mondiale di materie prime come carbone e gas. Una situazione, quest’ultima, che sta mettendo in grossa difficoltà non solamente le potenze asiatiche, ma pure l’Europa. Basti pensare come, in India, diversi Stati sono rimasti letteralmente bloccati per colpa dei diversi blackout elettrici che si sono verificati per via dell’assenza di carbone. In Cina invece, il governo ha addirittura fatto esplicita richiesta ai minatori di lavorare il più possibile per incrementare la produzione.
L’effetto degli aumenti del prezzo del petrolio
Se gli analisti si continuano a fare domande su dove possa arrivare la corsa del petrolio, ecco che questa improvvisa impennata dei prezzi non ha fatto altro che riversarsi poi sull’economia reale. Le conseguenze negative sono state già avvertite, come si può facilmente intuire, da parte dei consumatori italiani. In seguito ai rincari sulle bollette di luce e gas, ecco che l’effetto petrolio potrebbe voler dire un salasso ulteriore per le famiglie italiane di circa 250 euro all’anno in più da pagare.
In Italia, un dato su tutti è esemplificativo di come tanto sia legato al prezzo dei carburanti: l’85% dei trasporti commerciali si verifica in strada. L’allarme è stato lanciato da parte di Coldiretti e pone in evidenza come il pericolo, effettivamente reale, che si rischia di correre è quello di vedere un’economia completamente contagiata da questa corsa dell’oro nero, con un effetto a valanga sulla spesa, con un incremento dei costi e delle spese che sono correlate al trasporto, ma anche alla produzione, così come alle attività di trasformazione e conservazione nel corso della filiera.
Una crisi energetica legata alla ripresa dopo la pandemia
Sembra paradossale, eppure è proprio così: è stata la ripresa dopo la pandemia, con l’eliminazione dei vari divieti legati al lockdown e all’emergenza sanitaria, a portare una vera e propria crisi energetica a livello mondiale. In seguito al blocco legato inevitabilmente all’emergenza del Covid-19, ecco che il fabbisogno di energia che serve per stimolare la ripresa ha saputo dare nuovo vigore alla domanda, rispetto ad un’offerta che, al contrario, ha avvertito notevoli difficoltà a mantenere il ritmo.
Anche se la pressione a livello mondiale è effettivamente tantissima, l’Opec+ ha preso una decisione importante, ovvero quella di conservare un atteggiamento molto prudente. Giusto per fare un esempio, nel corso del mese di novembre, ecco che la produzione totale del gruppo rispetterà l’incremento che è stato definito in precedenza, pari all’incirca a 400 mila barili al giorno. E si proseguirà seguendo tale direttiva fino ad arrivare a settembre del prossimo anno.
Ci sono diverse motivazioni che hanno spinto l’Opec+ a seguire una linea a tal punto prudente. Prima di tutto il fatto che sta per arrivare la stagione invernale e, di conseguenza, potrebbero diffondersi altre varianti del Coronavirus sulla popolazione mondiale che, di riflesso, porterebbero a un nuovo calo della domanda, che di solito, per cause fisiologiche, ha già la tendenza a ridursi nell’ultimo trimestre dell’anno. Una cautela e prudenza da parte dell’Opec+ che, chiaramente, ha anche motivazioni economiche, con le maxi rendite petrolifere che hanno toccato i picchi massimi dal 2018 a oggi.