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Confine | 28 febbraio 2024, 11:40

Frontalieri, interviene Fratelli d'Italia: "No alla tassa sulla salute, ecco le nostre proposte"

Davide Titoli e Angelo Tandurella propongono nuove soluzioni per risolvere il problema della competitività del mercato del lavoro italiano rispetto a quello svizzero

Frontalieri, interviene Fratelli d'Italia: "No alla tassa sulla salute, ecco le nostre proposte"

Fratelli d’Italia interviene sulla questione della tassa sulla sanità imposta dal Governo ai lavori frontalieri. Il presidente provinciale Davide Titoli e il capogruppo di Domodossola Angelo Tandurella firmano una nota nella quale avanzano una serie di proposte per trovare una soluzione concreta ed efficace per accrescere l’attrattività e la competitività del mercato del lavoro italiano. Queste le parole di Titoli e Tandurella:

“Per affrontare le questioni relative ai frontalieri è utile ricordare alcune date: il nuovo Accordo tra Svizzera e Italia è stato concluso nel dicembre 2020 dal Governo Conte II ed è il risultato di anni di trattative; la Legge di Bilancio 2024 redatta dal Ministero dell’Economia è stata approvata dal Consiglio dei Ministri nell’ottobre 2023 ed è stata approvata dal Parlamento a fine dicembre. All’interno di questa Legge è previsto l’ormai noto contributo sulla salute a carico dei vecchi frontalieri.

Questo contributo è stato introdotto per finanziare misure tese ad attrarre e mantenere con più facilità il personale medico e infermieristico negli ospedali di confine. La scarsa competitività del mercato del lavoro italiano rispetto a quello svizzero è un problema reale, grave e crescente; non riguarda solo il settore sanitario, ma si estende a tutti i settori economici.

Fratelli d’Italia Vco, però, non considera questo nuovo contributo la soluzione giusta al problema e fin dallo scorso ottobre lo sta segnalando a Roma e continua a farlo. Vale ricordare che lo scorso novembre nel programma presentato dal Presidente Provinciale di FdI, Davide Titoli, si sottolineava nero su bianco quanto fosse doveroso considerare le rivendicazioni che i frontalieri esprimevano in termini di trattamento fiscale. Si è inoltre tenuto un filo diretto istituzionale con la Provincia, deputata a occuparsi delle tematiche transfrontaliere, che all’inizio di novembre ha scritto al Governo chiedendo lo stralcio del contributo.

Riteniamo che si possa ancora rimediare fornendo nuovi elementi di valutazione a Governo e Parlamento. Inoltre, le modalità di applicazione del contributo devono essere oggetto di confronto tra Ministero dell’Economia, Ministero della Salute e Regioni e in quella sede, che proponiamo sia estesa alle Province interessate, si potrà rilevare la complessità pratica dell’effettiva applicazione del provvedimento e la sua inefficacia rispetto allo scopo che si prefigge.

Per rendere più attrattivo il lavoro nelle zone italiane di confine con la Svizzera non serve aggiungere un contributo a chi lavora in Svizzera, ma piuttosto ridurre il cuneo fiscale e potenziare le misure di welfare di chi lavora in Italia. Il Governo sta già sforzandosi in questo senso (rimodulazione aliquote IRPEF, taglio cuneo fiscale per i redditi medio bassi, aumenti dell’assegno unico e del bonus nido, introduzione bonus mamma ecc.), ma purtroppo nelle province come il Vco questo non è ancora sufficiente e lo è ancora di meno in Ossola, dove negli ultimi due anni la combinazione dell’aumento dell’inflazione generale e lo sviluppo industriale del Canton Vallese hanno innescato un impressionante rialzo dei prezzi del mercato immobiliare, dei servizi e dei beni di consumo a discapito soprattutto dei concittadini che lavorano in Italia e che stanno subendo un inaspettato peggioramento della propria qualità di vita.

Bisogna istituire una zona franca e la sperimentazione potrebbe partire proprio dall’abbattimento del cuneo fiscale degli operatori ospedalieri. Le risorse potrebbero essere individuate alimentando il già previsto Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche. Se non si interviene in fretta, sempre più connazionali, formatisi a spese dello Stato italiano, andranno a lavorare in Svizzera.

Pensare di poter nel breve termine modificare l’Accordo Italia Svizzera rispetto all’imposizione ai nuovi frontalieri non è purtroppo realistico; lo si sarebbe dovuto fare molto tempo fa. L’Accordo però prevede che ogni cinque anni Italia e Svizzera lo riesaminino ed eventualmente aggiornino; quello può essere il momento per interventi migliorativi.

E ci riferiamo anche ai ristorni per i Comuni, attualmente previsti solo fino al 2033. Su questo fronte, però, per poter sostenere la richiesta di mantenimento, i Comuni devono impegnarsi fin da adesso destinando i fondi frontalieri a opere che effettivamente favoriscano i lavoratori e i collegamenti infrastrutturali tra i due Paesi. E guardando a Domodossola, non si può quindi che rimarcare per l’ennesima volta l’urgente necessità di ampliare la dotazione di parcheggi nei paraggi della stazione”.

Redazione

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