Sono oltre diecimila in tutto il Piemonte, di cui quasi 5000 solo a Torino e provincia. Sono le aziende "idro-esigenti" secondo la rilevazione di Confartigianato, che rappresentano uno dei nervi scoperti in queste settimane in cui la parola "Stato di Emergenza Crisi idrica" è diventato di uso comune.
"Il Governo, accogliendo la richiesta della Regione Piemonte, e di altre quattro regioni, ha deliberato lo stato di emergenza dovuto alla siccità. E’ un primo passo - dice Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino -. Ora si deve puntare alla ridefinizione delle priorità del Pnrr e sfruttare quindi le risorse europee per realizzare gli invasi e affrontare l’emergenza idrica che rischia di estendersi dall’agricoltura alle attività produttive”.
“La carenza di acqua rischia seriamente di trasformarsi da straordinaria a strutturale e non possiamo farci trovare impreparati. Ad esempio è già una realtà il calo del 39,7% della produzione idroelettrica nei primi cinque mesi del 2022. E’ per questo che - prosegue De Santis - abbiamo provveduto a individuare il perimetro delle imprese manifatturiere e di quelle dei servizi alla persona “idro-esigenti” (in base all’indicatore Intensità d’uso dell’acqua di ISTAT) con un occhio particolare alle pmi e imprese artigiane”.
In queste oltre diecimila aziende piemontesi bisognose di acqua lavorano oltre 124mila persone (57.499 a Torino), 27mila in quelle artigiane ((12.730 a Torino). A queste attività vanno aggiunti i servizi alla persona (lavanderie, acconciatori, estetisti etc) che di fatto consumano per uso imprenditoriale acqua in quantità superiore ad una famiglia. In questo perimetro operano sempre in Piemonte circa 15mila imprese di cui 12.237 a carattere artigiano.
“I piccoli imprenditori sono fortemente interessati al tema della corretta gestione idrica - afferma De Santis - dato che, per quanto riguarda l’approvvigionamento dell’acqua utilizzata nei processi produttivi, le imprese con meno di cinque addetti utilizzano nella maggior parte dei casi acqua della rete pubblica per uso civile, mentre le imprese medie e grandi si servono di un combinato di acqua pubblica e approvvigionamento privato. Per questo insistiamo sulla necessità di investimenti per ridurre la dispersione della risorsa idrica a causa delle cattive condizioni delle infrastrutture”.
I primi 10 comparti manifatturieri con una più elevata intensità di utilizzo dell’acqua così individuati sono: quello estrattivo con 21,7 litri utilizzati per euro di produzione venduta, seguito dal tessile (20,9 litri per euro), petrolchimica (17,5 litri per euro), farmaceutica (14,1 litri per euro), gomma e materie plastiche (12,4 litri per euro), vetro ceramica, cemento, ecc. (11,2 litri per euro) carta (10,1 litri per euro) e prodotti in metallo (7,4 litri per euro).
“La difficoltà ad affrontare l’emergenza idrica - conclude De Santis - consegue ad una bassa e decrescente spesa pubblica per la gestione dell’acqua: per questa posta l’Italia spende 26 euro all’anno per abitante, circa un terzo dei 72 euro della media Ue e in dieci anni questa voce di spesa si è ridotta del 32,9%, mentre in Francia è stata costante (+0,1%) e in Germania è salita del 30,6%".