Sono 176.400 le imprese italiane in sofferenza e quindi esposte al rischio usura, una su tre è al Sud. Sono i dati presentati dallo studio condotto dalla Cgia, che parla di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate alla Centrale dei Rischi della Banca d'Italia. Per questo motivo, le imprese non possono accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale, "rischiando quindi –scrive Cgia- di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai" sottolineando l'importanza che il Governo potenzi le risorse del 'Fondo di prevenzione dell'usura' e aiuti le banche a sostenere le imprese, specie quelle di piccola dimensione.
In 22 anni di vita, l'importo medio di prestiti erogati dal 'Fondo' è stato di circa 50.000 euro per le Pmi e 20.000 euro per cittadini e famiglie. Dal 1998 al 2020, ai Confidi e alle Fondazioni lo Stato ha erogato 670 milioni che hanno garantito finanziamenti per un importo complessivo di circa 2 miliardi. Ma la situazione, complice l'emergenza economica innescata dal Covid, si è aggravata nell'ultimo periodo.
A marzo scorso, Roma era al primo posto con 13.310 aziende, seguita da Milano (9.931), Napoli (8.159) e Torino (6.297, il 3,6% delle imprese torinesi). Tra le province meno interessate al fenomeno il Vco, con 332 imprese in sofferenza, lo 0,2% del totale, penultima provincia tra quelle italiane prima di Aosta. Novara risulta 67ma, con 1.011 aziende a rischio, lo 0,6% delle attività.