Attualità - 17 dicembre 2025, 16:10

Frontalieri, Ufis: "Servono atti, tutele reali e decisioni che partano dai territori"

Lisa Molteni, presidente dell'unione frontalieri italiani in Svizzera, chiede risposte concrete

“Il tema dei ristorni ai comuni di frontiera e della tutela dei lavoratori frontalieri non può più essere affrontato attraverso dichiarazioni di principio, consuetudini consolidate o rappresentazioni mediatiche. È necessario riportare il confronto sul piano degli atti, della trasparenza amministrativa e dei risultati concreti”. Così, in una nota, Lisa Molteni,

presidente e rappresentante legale di Ufis (unione frontalieri italiani in Svizzera). Che prosegue: “Un punto va chiarito senza ambiguità: i comuni di frontiera ricevono ristorni solo se i lavoratori frontalieri sono realmente tutelati sul piano fiscale, previdenziale e sanitario. Le due dimensioni sono strutturalmente connesse e non possono essere trattate come ambiti separati. Nel dibattito di queste settimane si sono susseguiti comunicati e prese di posizione, in particolare da parte del presidente dell’associazione dei comuni italiani di frontiera, Massimo Mastromarino, e di esponenti regionali che rivendicano di “avere avuto ragione” sulle scelte compiute. Dichiarare di “avere avuto ragione” è sempre facile a posteriori. Più difficile è dimostrarlo nei fatti. E, al netto dei cognomi, ciò che conta non è apparire astuti, ma esserlo davvero nella gestione di questioni complesse come il frontalierato, la tutela dei lavoratori e la trasparenza amministrativa”.

Sottolinea Molteni: “A fronte di una forte esposizione mediatica, non appare evidente un miglioramento concreto della tutela dei lavoratori frontalieri, oggi demandata esclusivamente alle sigle sindacali presenti ai tavoli istituzionali. Non è un caso che la partecipazione delle organizzazioni sindacali agli eventi pubblici e ai momenti di confronto territoriale sia pressoché assente, a conferma di una distanza crescente tra rappresentanza formale e realtà vissuta dai lavoratori. Questo quadro è aggravato da una evidente confusione istituzionale a livello regionale, dove tavoli e audizioni si susseguono spesso per consuetudine più che per una chiara definizione dei ruoli. In tale contesto, Ufis non è stata convocata in audizione, nonostante rappresenti direttamente i lavoratori frontalieri e abbia formalmente richiesto di essere ascoltata”.

“Sul piano amministrativo - prosegue la presidente di Ufis - alla data odierna, a seguito degli accessi agli atti effettuati, non risultano trasmessi né disponibili verbali assembleari, atti di nomina o documentazione idonea a ricostruire in modo completo e verificabile il funzionamento dell’associazione dei comuni italiani di frontiera (Acif). La risposta di Anci Lombardia ha inoltre precisato di non essere titolare né custode della documentazione interna di Acif, rinviando ogni richiesta informativa direttamente all’associazione stessa. Anche la risposta formale del ministero del lavoro ha chiarito che Acif partecipa ai tavoli nazionali esclusivamente in rappresentanza delle amministrazioni locali di confine, e non quale soggetto rappresentativo dei lavoratori frontalieri, ruolo che la normativa attribuisce alle organizzazioni sindacali. È inoltre emblematico che il tavolo interministeriale sul frontalierato non venga convocato da mesi, a conferma del fatto che il tema non viene considerato di interesse nazionale. In questo scenario, appare evidente che le decisioni che riguardano il frontalierato e i ristorni devono partire dai territori e dai lavoratori, e non essere demandate a sedi lontane e scarsamente operative”.

“Sul fronte delle azioni concrete - si legge ancora nella nota - Ufis ha già provveduto ad attivarsi formalmente anche sul dossier Oil. In qualità di presidente e rappresentante legale di Ufis, ho promosso tutte le procedure necessarie per ottenere chiarimenti e informazioni puntuali, operando nel pieno rispetto delle regole non al 100%, ma al 200%, sul piano documentale e istituzionale. È infine necessario ricordare che i ristorni non si fermano agli 89 milioni di euro, che rappresentano la soglia minima garantita: le risorse complessive possono arrivare fino a circa 125 milioni di euro, comprensive del surplus, che deve essere destinato ai comuni di frontiera. Alla luce di quanto sopra - conclude - ci si riserva di proseguire con ulteriori richieste di integrazione agli accessi agli atti e con approfondimenti sul merito, affinché il confronto torni a fondarsi su atti verificabili, tutele reali e responsabilità istituzionali. I territori non hanno bisogno di propaganda. Hanno bisogno di verità, regole e decisioni che partano dal basso”.

Comunicato Stampa - l.b.