Il Coina, sindacato delle professioni sanitarie, rinnova con forza la richiesta di un contratto separato e dedicato per le professioni sanitarie non mediche (ex legge 43/2006), lamentando la pericolosa logica del “tutto per tutti” del sistema attuale, ormai assolutamente inadeguato rispetto al presente e al futuro della sanità. Gli ultimi contratti firmati – senza escludere quello in corso (il 2022-2024) che tristemente non ha ancora un epilogo – sono palesemente deludenti nelle risorse stanziate e nelle misure normative previste, ben lontani dal colmare i gap strutturali di cui soffre il nostro Ssn.
“Altro che svolta: 530 euro lordi di aumento, spalmati su otto anni, così come previsto e annunciato dal ministro Zangrillo e dall’Aran, per infermieri, ostetriche, fisioterapisti e tecnici, rappresentano senza dubbio l’ennesima presa in giro”, afferma Marco Ceccarelli, segretario nazionale Coina. “Chi lavora in sanità non chiede miracoli ma rispetto, verità e coraggio politico”.
Coina, che porta avanti da tempo la sua battaglia per un contratto “dedicato” per le professioni sanitarie, esprime il proprio sostegno a una petizione ufficiale, attualmente attiva sulla piattaforma della Camera dei Deputati (Petizione n. 656), promossa dall’associazione “Nexsus – Infermieri Connessi”, che chiede apertamente al Governo e al Parlamento misure strutturali per affrontare la crisi della professione e riconoscerne la dignità contrattuale.
Le richieste sono pienamente condivise dal sindacato e corrispondono da anni “alla linea” portata avanti da Coina: uscita dal comparto sanità, per superare l’equiparazione tra chi opera in ambito clinico e chi svolge funzioni amministrative; contratto autonomo, negoziato separatamente, con fondi dedicati e non assorbibili da altri comparti; riconoscimento giuridico ed economico del ruolo di Quadro, per valorizzare competenze cliniche, responsabilità e autonomia operativa. “La sola strada, lo ripetiamo, è un contratto ‘dedicato’, destinato solo ai professionisti sanitari,” prosegue Ceccarelli. “Chi afferma il contrario è in assoluta malafede: il governo può intervenire normativamente per garantire piena autonomia contrattuale”.
Il sistema attuale omogeneizza figure professionali profondamente diverse: chi opera in corsia non può essere equiparato a chi lavora dietro una scrivania. La specificità delle competenze cliniche richiede un riconoscimento retributivo coerente con responsabilità e formazione. I nuovi profili – infermieri, ostetriche, fisioterapisti, tecnici – oggi non trovano spazio adeguato nel contratto comune, che non ne valorizza le peculiarità.
Coina chiede un contratto separato, con norme e tutele tarate sulle professioni sanitarie non mediche; compensi adeguati, specialmente in termini di pronta disponibilità e indennità di specificità; progressione di carriera coerente con le competenze avanzate; condizioni di lavoro dignitose, con ferie fruibili e turni sostenibili.
“Non siamo più disposti ad accettare compromessi al ribasso. L’alternativa è l’esodo professionale e il collasso dei servizi”, conclude Ceccarelli.