“Il Protocollo d’Intesa sulla gestione post emergenza delle Rsa siglato lo scorso 10 maggio da Confindustria Piemonte, Legacoop Piemonte, Confcooperative, AGCI Piemonte, ANSDIPP, AGI e SPI e ADI Torino, a seguito di un incontro con gli Assessori regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali, ha due grossi limiti:
Elude completamente la formalizzazione di un impegno della Giunta di centrodestra ad aumentare la spesa regionale sanitaria per gli inserimenti in Rsa. Si tratta dei circa 15.000 posti letto in convenzione, che garantirebbero alle famiglie un 50% della retta pagato dalla sanità. Purtroppo c'è una progressiva riduzione della spesa regionale per convenzioni in RSA, nonostante la popolazione piemontese sia sempre più anziana e bisognosa. Questa compartecipazione sanitaria alla retta ammontava a 249.402.754 euro nel 2018, ma era scesa a 238.474.690 euro nel 2020, nonostante al 31.10.2021 ci fossero ben 4.848 persone non autosufficienti in lista d’attesa per un progetto residenziale e il tasso di occupazione dei posti letto nelle Rsa fosse fermo all’81% al 13.12.2021 (questi dati sono emersi dalle risposte ai miei accessi agli atti).
Non coinvolge alcune delle sigle datoriali più rappresentative delle Rsa piemontesi (ad esempio UNEBA) ed omette che i datoriali non sono la figura giuridica che firma il contratto d'inserimento, per cui il Protocollo non ha carattere giuridicamente vincolante. Le 600 RSA piemontesi hanno singolarmente un contratto con la Regione.
Non c’è nulla di concreto, insomma. Da un lato la Giunta di centrodestra non mette nero su bianco l’impegno ad aumentare la spesa sanitaria per gli inserimenti (già qualche giorno fa in Consiglio Regionale aveva respinto un mio Ordine del Giorno che conteneva l’impegno a raggiungere la soglia minima di 265 milioni l’anno) e dall’altro demanda ad un successivo gruppo di lavoro tecnico l’aumento delle tariffe e la velocizzazione e uniformazione territoriale degli inserimenti, in cambio della disponibilità delle Rsa ad assorbire il personale sanitario non stabilizzabile nelle ASL.
Le Aziende Sanitarie non spendono tutto quello che hanno per le convenzioni, usano il fondo convenzioni un po’ come un salvadanaio per far fronte alle spese impreviste e questo è gravissimo. Con 4000 persone non ancora inserite, nel breve periodo si potrebbe azzerare la lista d’attesa. Invece ci troviamo di fronte a una cinica forma di risparmio, consumato sulla sofferenza delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie. Di questo non c’è traccia nel Protocollo.
Mi pare il solito caso di 'Annuncite acuta', tanto più grave data la delicatezza del tema e la malagestione degli anni di pandemia”.
Così la consigliera regionale del Partito Democratico e Vicepresidente della III Commissione del Consiglio regionale.